Racconti d’autore

Quando si alleva per amore, si ha l’opportunità di capire e di osservare meglio gli animali che si mettono al mondo, su furetto si dice, si parla, si suppone, ma non si ha una verità assoluta, e probabilmente considerate le scarse informazioni reperite su di lui, circa la sua selezione, ci vorranno ancora molti anni di lavoro per conoscerlo meglio.
Però ci sono molti indizi che ci inducono a pensare che il furetto, animale domestico affezionatissimo all’uomo e dipendente da lui, su alcune convinzioni che forse andrebbero messe in discussione.
Il furetto è un’animale da compagnia molto diffuso negli Stati Uniti, dove è il terzo pet dopo cane e gatto, l’approccio statunitense nei confronti di questo esserino meraviglioso è un po’ troppo semplice, mi spiego: le farm, le produttrici di furetti in serie, fornivano cuccioli sghiandolati e sterilizzati dalla nascita, venivano venduti come un pet da gabbia, da far uscire qualche ora al giorno, a volte nemmeno, dandogli da mangiare un estruso specifico, inoltre a, bocconcini, prodotti vari, integratori, cucce, amache, letti ecc. Ecc.
Il risultato è stato che i poveri furetti fatti in serie avevano una vita davvero grama e abbastanza limitata, tant’è che duravano davvero poco.

Comprendete che qualunque animale, essere umano o altro, con una vita del genere non dura molto, si è cambiato idea con il tempo, capendo che il furetto ha bisogno di più libertà, di poter fare ciò che vuole in un territorio protetto, che ama stare all’esterno, decidendo lui dove vuole stare e come vuole vivere, e che un’alimentazione diversa lo farebbe crescere meglio.

Anche la sua gestione riproduttiva è cambiata, la sterilizzazione chirurgica induceva il surrene ad una iperproduzione ormonale predisponendo le ghiandole surrenali al tumore, inconveniente ovviato dall’uso dell’impianto al supreolin, sostanza che controlla e equilibra la produzione ormonale, evitando perciò calori, agendo anche sull’odore pungente dei maschi, in certi casi limitando l’insorgenza di malattie metaboliche.
Oggi, l’allevamento serio si occupa proprio di questo cioè di far vivere meglio i furetti, proprio a partire dai riproduttori.

E in effetti stiamo raccogliendo i primi risultati, se una dozzina di anni fa, era frequente che un furetto si ammalasse intorno ai 2 – tre anni, oggi la media si è alzata a 5 anni, sempre con i dovuti controlli veterinari, importantissimi, quasi fondamentali per questa specie.

La mia convinzione come anche di altri è che il furetto possa essere predisposto ad una vita più lunga, magari non lunghissima come il parente selvatico la puzzola, la quale in cattività può arrivare anche a 20 anni, per questioni metaboliche, ma pensare ad un traguardo decennale in salute forse non è più un’utopia.
Per fare questo, oltre a volergli bene e giocare con lui, dobbiamo avere la pazienza di osservarlo e vedere cosa vuole farci capire attraverso i suoi comportamenti, il suo modo di agire e di vivere.

 

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